Al di là della paura, c'è l'amore.

La fine di un incubo? 

Forse. 

Sicuramente, un problema grande, sottovalutato da molti, è ciò che resta. 

Immaginiamo di essere a letto, addormentarci serenamente, venire sorpresi dal peggiore degli incubi e svegliarci, completamente sudati ed impauriti, agitati ed ancora stupiti da ciò che è appena avvenuto. Il respiro fatica a tornare regolare, il sudore bagna le lenzuola, la paura non passa, anche da svegli. Questo è un "esempio figurato", di ciò che ho vissuto, dal risultato del tampone molecolare positivo ad oggi, primo giorno di uscita, ancora solitaria e distante da tutto, escluso per le sorprese del Destino, ancora con il respiro non proprio regolare.

Perché, dopo la malattia, il tempo che scorre, la consapevolezza di essere guariti, il virus annienta ancora e lascia il fiato corto? 

Non so la risposta che potrebbero dare gli altri, ognuno ha il suo sentire, ma so quella che posso dare io. 

Perché la paura è il male comune, con cui prima o poi, ognuno di noi indistintamente, è, o sarà, chiamato a fare i conti, soprattutto con il cambiamento in cui siamo stati catapultati, negli ultimi anni. Con la globalizzazione, poi l'avvento dei social, abbiamo dato vita al più grande spettacolo del mondo: la nostra quotidianità raccontata. Gli anni precedenti, c'era qualcuno come me, che amava scrivere e teneva dei diari, da rileggere dopo anni ed avere un sorriso nostalgico, oggi siamo tutti capaci di dire, ma purtroppo, troppo spesso, ci mascheriamo, dietro un aforisma, dietro una citazione, dietro una foto sorridente ed un cuore triste. Dov'è la paura? Nella realtà, dietro un click, dietro un like, dietro ciò che vogliamo mostrare, c'è la paura di incontrare davvero noi stessi, un giorno. 

Questa malattia, ci lascia la paura di esserci incontrati, con ciò che siamo davvero e non esserci piaciuti. 

Abbiamo scoperto l'abbandono, il silenzio, il tempo vuoto da altro e dedicato solo a noi. In tutto ciò che ho visto, oltre alla malattia, c'è ciò con cui sei costretto a fare i conti: le tue debolezze. 

Nel mio caso, resta quella sensazione, terrificante, di aver fatto del male a qualcuno, involontariamente ovvio, ma a volte, saper accettare di aver messo in difficoltà un altro, è complesso, perché, quello che vedi è dolore, punto. Dolore, al di là di ciò che sai che non avresti potuto evitare.

Allora resta la sensazione, di poter essere ancora  capace di farlo. 

Ho ancora il fiato corto, perché, torni ad essere libero, metti il muso fuori e vedi un mondo difficile da guardare: pieno di mascherine, di distanze, di regole, un mondo imprigionato oggi, per liberarsi di tutto domani, ma oggi, cavolo, oggi pensare che ciò che hai vissuto, lo vivranno altri, ti fa sperare che non avvenga, perché non tutti saranno capaci di venirne fuori ed, in fondo, stai facendo fatica anche tu. 

Forse, se mettessi oggi il saturimetro al dito, scoprirei che sono ancora in apnea. 

Vorrei prendere una scatola, mettere dentro tutto l'amore che la mia famiglia, le persone a me care, anche gli sconosciuti a volte, mi hanno dedicato, respirare quello e sentirmi capace di tornare in me. 

Ci vuole tempo. 

Qualcuno mi dice che, grazie a tutto ciò che ho vissuto, ho imparato ad avere pazienza, ad attendere il giorno dopo, senza voler fare tutto e subito, è vero... 

Avevo sperato che una "Comunicazione di fine quarantena" bastasse, invece credo che serva sentirsi libere dentro, serva respirare un mondo più leggero, serva ritrovare i pensieri felici. 

Allora, ho preso la macchina e sono andata da una persona, che ancora è dentro questo incubo, le ho portato un po' di Natale, le ho donato un po' del mio respiro ed ho sentito che, quando anche con tutte le disposizioni e prerogative del caso, incroci certi occhi e doni una carezza, ritorni un po' a vivere. 

Allora ho capito che, la paura, si vince con la speranza, con l'amore, con la gentilezza, con le sorprese, con la fiducia nel futuro. 

Senza fretta, ma senza sosta. 

Mentre pensavo tutto questo, per caso, ho ricevuto il mio primo abbraccio e so, che quegli occhi, in quel momento, in quel posto, erano lì per sorreggermi, per cambiare un pensiero e renderlo felice, erano lì a dirmi: apri la scatola e metti anche questo. 

Come si vince la paura? 

Sicuramente tirandola fuori, guardandola negli occhi e scoprendosi ancora capaci di sentirsi vivi. 


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